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L’intelligenza artificiale può cambiare il mondo dei lavori creativi?

Intelligenza artificiale e creatività vengono spesso collocate agli antipodi: la tecnologia è fredda, matematica, esecutiva, mentre la mente umana è originale, elastica, creativa.

Secondo questa visione, il settore dei lavori creativi sarà sempre dominato da cervelli umani dotati di grande sensibilità ed empatia.

Ma se, in futuro, non fosse più così?

Tanti dei recenti sviluppi nel campo dell’intelligenza artificiale tendono verso una direzione comune: creare applicazioni in grado di svolgere compiti creativi con la stessa efficacia di un essere umano, ma con la velocità di elaborazione tipica di un computer.

Queste applicazioni sono già realtà, ma minacciano davvero di sostituire i creativi della comunicazione, gli artisti, i lavoratori dello spettacolo?

Per trovare la risposta, tuffiamoci prima in una breve panoramica su che cos’è e quando nasce l’intelligenza artificiale, come si è evoluta nel tempo, e cosa pensano rispettivamente i grandi del cinema e la comunità scientifica del rapporto tra uomo e macchine super-intelligenti.

intelligenza artificiale ai intro

 

Che cos’è l’intelligenza artificiale?

Potremmo definire l’intelligenza artificiale come l’abilità di un sistema tecnologico di risolvere problemi o svolgere compiti e attività tipici della mente e delle abilità umane.

Per quanto si tratti di una tecnologia complessa, l’idea di fondo delle ricerche in ambito intelligenza artificiale è molto semplice: sviluppare delle macchine dotate di capacità autonome di apprendimento e adattamento, ispirate ai modelli di apprendimento umani.

Tra costruire macchine che imparano come gli umani e dare vita a macchine che siano dotate di un’intelligenza veramente umana, però, ci passa molta strada.

Il vero fattore discriminante, quando si parla di intelligenza artificiale, è se si ritiene che le macchine siano in grado di sviluppare o meno una coscienza.

Partendo da questo assunto e dalle due possibili risposte a questa domanda, si sono create due teorie ben distinte: quella dell’Intelligenza Artificiale Forte e quella dell’Intelligenza Artificiale Debole.

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Intelligenza Artificiale Forte (sx) e Intelligenza Artificiale Debole (dx). Fonte: Built In.

L’Intelligenza Artificiale Forte ritiene che una macchina sia in grado di sviluppare una coscienza di sé, e studia sistemi che sappiano replicare l’intelligenza umana;

L’Intelligenza Artificiale Debole, invece, non cerca di creare macchine intelligenti, ma “solo” dei problem-solvers, macchine in grado di risolvere problemi specifici, che non hanno però coscienza delle attività che svolgono.

 

Come e quando nasce l’Intelligenza Artificiale?

Per come viene definita oggi, la data di nascita dell’intelligenza artificiale viene fissata al 1956. Proprio in quell’anno, infatti, si tiene negli USA un convegno in cui si parla, per la prima volta, di questa nuova tecnologia.

Tanti però identificano come vero padre dell’intelligenza artificiale il matematico, logico, crittografo e filosofo britannico Alan Turing, attivo tra gli anni trenta e gli anni cinquanta del ‘900.

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Alan Turing, padre dell’IA. Fonte: Wikipedia.

Turing è stato una figura fondamentale per il Regno Unito durante la Seconda Guerra Mondiale, come motore del team di informatici che ha dato vita alla “Bomba” (la cryptological bombe), la macchina calcolatrice in grado di decifrare i messaggi segreti tedeschi, codificati dai nazisti con la macchina Enigma.

Il suo contributo più importante in ambito intelligenza artificiale arriva però nel 1950, con la pubblicazione, sulla rivista Mind, dell’articolo Computing machinery and intelligence, in cui descrive quello che sarebbe divenuto noto a tutto il mondo scientifico come il test di Turing.

Il test, oggi ampiamente rivisto e aggiornato, è stato il primo esempio nella storia di un dispositivo in grado di determinare se una macchina possa esibire un comportamento intelligente, tipico di una mente umana.

Dall’articolo di Turing prendono spunto buona parte dei successivi studi sull’intelligenza artificiale.

 

Le pietre miliari della ricerca sull’IA

Prima di arrivare a veicoli a guida autonoma, programmi di arte auto-generativa e robot che diventano CEO d’azienda, l’IA ne ha dovuta fare di strada.

Ripercorriamo insieme le principali innovazioni ottenute dopo la pubblicazione dell’articolo di Turing e dello storico convegno del 1956.

 

1966 – il primo Chatbot

Nel 1966 viene presentato ELIZA, il primo esempio di programma in grado di processare il linguaggio naturale.

45 anni prima di Siri e 48 prima di Alexa, ELIZA segna l’inizio della ricerca nel filone dei chatbot, ovvero applicazioni che possono comprendere il linguaggio umano e conversare con noi con grande efficacia.

In particolare ELIZA, progettata da Joseph Weizenbaum, è il primo esperimento di IA applicata all’ambito psicologico. Infatti, è indicata come una “parodia” – quindi non considerata al 100% attendibile – “delle domande di uno psicoterapeuta all’inizio di un intervento psichiatrico“.

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Una schermata di chat con ELIZA. Fonte: Wikipedia

 

1970 – il primo robot intelligente

Sebbene nel 1970 i robot autonomi fossero già in circolazione da decenni, è stato solo con la creazione di “Shakey” che un robot ha potuto ragionare sulle proprie azioni.

A differenza dei suoi predecessori, il robot Shakey non aveva bisogno di essere istruito su ogni singola fase di un processo complesso. Piuttosto, poteva analizzare i comandi e scomporli autonomamente in micro-comportamenti che portavano a compimento l’obiettivo iniziale.

shakey robot intelligente

Il robot Shakey con il suo creatore Charles Rosen. Fonte: SRI International.

Creato da Charles Rosen nei laboratori SRI Interenational, Shakey rappresenta una pietra miliare dell’intelligenza artificiale: il primo robot fisico controllato in autonomia dall’IA.

 

1978 – Tecnologia ad attivazione vocale

Alla fine degli anni ‘70 si è diffuso tantissimo, soprattutto negli USA, lo Speak & Spell, a tutti gli effetti un giocattolo per bambini. Grazie alla possibilità di “parlare”, questo gioco per l’apprendimento delle lingue era in grado di insegnare sia l’ortografia che la corretta pronuncia di una parola.

speak & spell e speak & math

Uno Speak & Spell (a destra) insieme ad uno Speak & Math (a sinistra). Fonte: Lettieri Auction.

Lo Speak & Spell è il primo esempio di duplicazione elettronica del tratto vocale umano su un supporto informatico. Un esempio sicuramente primitivo, ma che ha preparato la strada a qualcosa che è esploso solo negli ultimi anni: gli smart speakers.

 

1996 – il computer Deep Blue batte il campione di scacchi Kasparov

Nel 1996, il super-computer Deep Blue prodotto da IBM ottenne la prima vittoria di una macchina contro un essere umano in una singola partita di scacchi, battendo il campione mondiale in carica Garry Kasparov. La vittoria di Deep Blue, comunque, non è definitiva: negli scacchi il vincitore si determina dopo 6 singole partite, e Kasparov riesce a rimontare chiudendo con il punteggio di 4-2.

L’anno successivo, però, una versione aggiornata di Deep Blue sconfigge Kasparov anche sulle 6 partite: ne vince due, ne pareggia tre e ne perde solo una.

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Deep Blue di IBM (dx) batte Garry Kasparov (sx), 11 maggio 1997. Fonte: Lee Honan.

 

2011 – Vittoria a Jeopardy!

Ma gli scacchi non erano abbastanza per l’IA. Nel febbraio del 2011, il sistema computerizzato Watson sempre prodotto da IBM partecipa a tre puntate dell’iconico game show americano Jeopardy!

Watson non solo partecipa, ma sconfigge due ex campioni di Jeopardy!, Brad Rutter, il campione che ha vinto più denaro partecipando allo show, e Ken Jennings, detentore del record di permanenza nel programma. Questo dimostra il potenziale della NLP (Natural Language Processing) unita alla velocità di elaborazione di un computer.

Watson IBM vince Jeopardy!

Watson di IBM vince un milione di dollari a Jeopardy!. Fonte: CBS News/Jeopardy! Studios.

 

L’intelligenza artificiale nei film (spoiler free!)

Abbiamo parlato di A.I. – Artificial Intelligence, il film di Spielberg che ha, più di tutti, umanizzato la nostra visione delle macchine.

Nell’immaginario cinematografico, comunque, non è l’unico film che si interroga sul rapporto tra uomini e macchine intelligenti: decine e decine di pellicole hanno riflettuto su questo tema, creando un filone fantascientifico che ha dato vita a veri e propri capolavori della storia del grande schermo.

Tanti di questi film hanno però un aspetto in comune: riguardo al rapporto tra esseri umani e macchine che potrebbero diventare più intelligenti di loro, non sono particolarmente ottimisti.

 

2001: A Space Odyssey (1968)

Il primo grande film in cui l’intelligenza artificiale ha un peso importante è il capolavoro di Stanley Kubrick, 2001: A Space Odyssey, rilasciato nel 1968. Attraverso il personaggio di HAL 9000, il supercomputer al totale controllo dell’astronave Discovery One in missione verso Giove, viene indagato il ruolo, tra perfezione informatica e conflitti di coscienza, dell’intelligenza artificiale.

HAL 9000 2001: A Space Odyssey

HAL 9000 insegue i due astronauti a bordo di Discovery One, 1968. Fonte: BBC.

 

Gli anni ‘80: Westworld, Blade Runner e Terminator

Tra l’inizio degli anni ‘70 e la metà degli anni ‘80 escono 3 film che hanno in comune robot intelligenti che, per diversi motivi, si ribellano contro l’umanità.

Nel 1973 viene pubblicato Westworld, dove l’antagonista della storia è un inquietante e inarrestabile robot-pistolero interpretato da Yul Brynner.

Del 1982 è invece Blade Runner, il capolavoro di Ridley Scott in cui l’ex-poliziotto Rick Deckard deve fronteggiare un esercito di replicanti, macchine create a immagine e somiglianza dell’uomo, ma dotate di una forza sovrumana.

Infine il cult Terminator (1984), dove l’iconico cyborg assassino, interpretato da Arnold Schwarzenegger, viene inviato indietro nel tempo dal 2029 al 1984 per uccidere Sarah Connor, madre del futuro salvatore dell’umanità dalla minaccia delle macchine.

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Il cyborg assassino Terminator, interpretato da Arnold Schwarzenegger. Fonte: Tom’s Hardware.

 

A.I. – Artificial Intelligence (2001)

Nel 2001 esce nelle sale A.I. – Artificial Intelligence, il film che forse indaga con la maggiore lucidità le contraddizioni che comporterebbe creare una macchina capace di provare emozioni tipiche degli esseri umani.

La pellicola, diretta da Steven Spielberg e basata su un progetto incompiuto di Stanley Kubrick, è ambientata nell’anno 2125 e racconta la storia di David, un robot-bambino di 11 anni progettato per essere la prima macchina in grado di amare.

David robot-bambino I.A. intelligenza artificiale

Il robot-bambino David in A.I. – Artificial Intelligence (2001). Fonte: 1 of My Stories.

David viene adottato da una coppia, il cui unico figlio è ibernato da cinque anni a causa di una grave malattia, nel tentativo di colmare il senso di mancanza e di vuoto.

Il robot-bambino ama tantissimo i propri nuovi genitori, ma saranno i suoi genitori in grado di amare lui?

 

Her, Ex Machina e The Imitation Game: gli anni 2010

In anni più recenti, escono due film che affrontano il tema dell’intelligenza artificiale, mentre uno racconta la storia di Alan Turing, il padre dell’IA.

Nel 2013 viene pubblicato Her, film scritto e diretto da Spike Jonze, nel quale il protagonista Theodore (interpretato da Joaquin Phoenix) si innamora di una voce artificiale contenuta nel sistema operativo OS 1, che l’uomo ha comprato e installato sul proprio computer.

In Ex Machina, del 2015, il giovane programmatore Caleb Smith viene invitato dal suo capo nella sua villa-laboratorio dispersa nel nulla, in cui è presente una macchina umanoide di nome Ava. Caleb sarà incaricato di collaborare all’esecuzione del test di Turing, per scoprire se l’androide abbia una vera intelligenza e coscienza di sé.

Ava - Ex Machina (2015)

L’umanoide Ava in Ex Machina, 2015. Fonte: The New York Times.

Del 2014 è invece The Imitation Game, biopic sulla vita di Alan Turing, liberamente tratto dalla biografia Alan Turing. Storia di un enigma e vincitore del Premio per la Miglior sceneggiatura non originale agli Oscar del 2015.

 

L’anticipatrice: Mary Shelley

Ma forse, l’origine della ribellione di esseri non-del-tutto-umani contro i propri creatori, è da ricercare ancora prima del ‘900.

La celebre storia di Frankenstein, scritta da Mary Shelley tra il 1816 e il 1817 all’età di 19 anni, è un’opera talmente visionaria da poter essere considerata quasi premonitrice del futuro rapporto tra uomo e macchine pensanti.

Come se il mostro creato dal Dottor Frankenstein, diventato poi assassino perché incapace di trovare un posto nel mondo, fosse in qualche modo il capostipite della famiglia delle creature ribelli.

Frankenstein Mary Shelley

Il “mostro” di Frankenstein. Fonte: BBC.

 

Le preoccupazioni del mondo scientifico: Stephen Hawking e Elon Musk

Registi, sceneggiatori e scrittori non sono gli unici che, quando interrogati riguardo all’intelligenza artificiale, hanno segnalato paure e preoccupazioni.

 

Priorità di ricerca per un’intelligenza artificiale robusta e benefica

Nel gennaio 2015, lo scienziato Stephen Hawking, il magnate Elon Musk e decine di altri personaggi pubblici hanno firmato una lettera aperta sull’intelligenza artificiale, scritta dai ricercatori Stuart Russell, Daniel Dewey, Max Tegmark e chiamata Research Priorities for Robust and Benefcial Artifcial Intelligence, in cui chiedevano indagini più approfondite sull’impatto sociale dell’IA.

Nella lettera, gli scienziati affermano che la società può trarre grandissimi benefici dall’intelligenza artificiale, ma chiedono anche una ricerca concreta che consigli come prevenire alcune potenziali “insidie”: secondo loro, l’intelligenza artificiale ha il potenziale per sconfiggere le malattie ed eliminare la povertà, ma i ricercatori devono evitare di creare qualcosa di troppo intelligente, per non correre il rischio di non poterlo più controllare. 

Alla lettera segue un intervento di Hawking, del 2018, in cui avverte la comunità scientifica in maniera ancora più diretta: secondo lo scienziato, “l’intelligenza artificiale in futuro potrebbe sviluppare una propria volontà indipendente, in conflitto con la nostra” e “il suo pieno sviluppo potrebbe segnare la fine della razza umana”.

Stephen Hawking intelligenza artificiale

Stephen Hawking nel 2013. Fonte: Wikipedia.

 

Elon Musk e OpenAI

Anche Elon Musk, l’attuale uomo più ricco del mondo, ha espresso la sua diffidenza riguardo al lato oscuro dell’intelligenza artificiale, impegnandosi per sostenere lo sviluppo di applicazioni etiche e benefiche per l’uomo.

Nel 2015 Musk co-fonda OpenAI, un’organizzazione non-profit di ricerca sull’intelligenza artificiale che ha lo scopo di promuovere e sviluppare un’intelligenza artificiale amichevole (friendly AI) in modo che l’umanità intera possa trarne beneficio.

Personaggio sempre originale, il suo contributo verso lo sviluppo di applicazioni amichevoli è uno dei pochi aspetti inattaccabili delle sue attività, e ha stimolato una sana concorrenza anche con giganti come Meta e Google.

Elon Musk intelligenza artificiale OpenAI

Elon Musk, co-fondatore di OpenAI. Fonte: Inc.com.

 

Il lato amichevole dell’IA: le ultime innovazioni

OpenAI ha introdotto nel corso del 2022 due novità in grado di cambiare il panorama delle possibili applicazioni IA.

Nel corso del mese di aprile, l’organizzazione rilascia al pubblico sia DALL-E 2, software di arte auto-generativa in grado di creare immagini partendo da un testo, che CLIP, una rete neurale intelligente che comprende come vengono collegati un testo e un’immagine, servendo come passo preliminare alle generazioni di immagini di DALL-E.

Questo mese segna l’inizio di una proficua serie di rilasci e aperture al pubblico di software sempre più innovativi, versione dopo versione.

 

L’arte auto-generativa: DALL-E 2

Già il nome del software è tutto un programma: “DALL-E” nasce dalla combinazione tra Salvador Dalì, il geniale artista e WALL-E, il protagonista dell’iconico film Pixar.

L’obiettivo dichiarato di DALL-E è quello di usare l’intelligenza artificiale per creare arte. Sul sito web di OpenAI, si legge, in modo molto diretto, che “la nostra speranza è che DALL-E 2 permetta alle persone di esprimere la loro creatività”. Ma non è tutto: “DALL-E 2 ci aiuta anche a capire come i sistemi avanzati di IA vedono e capiscono il nostro mondo, il che è fondamentale per la nostra missione di creare intelligenza artificiale che generi beneficio per l’umanità”.

DALL-E 2 openai intelligenza artificiale amichevole

L’homepage di DALL-E 2. Fonte: OpenAI.

DALL-E 2 offre la possibilità, oltre che di generare immagini a partire da una descrizione scritta, anche di aggiungere elementi all’interno di immagini esistenti in perfetta coerenza (inpainting), oppure di aggiungerne all’esterno, espandendo l’immaginazione al di fuori del quadro (outpainting).

La funzione di outpainting, presentata da OpenAI espandendo il celebre quadro di Jan Vermeer, Ragazza col turbante (1665).

Al rilascio della seconda versione di DALL-E, che oggi è usata attivamente da 1,5 milioni di persone che generano 2 milioni di immagini al giorno (OpenAI, 2022), rispondono presto Google e il laboratorio indipendente Midjourney.

 

Google Imagen: il generator più preciso

Google rilascia a maggio 2022 Imagen, un software simile in tutto per tutto a DALL-E 2, ma per il momento ancora privo delle funzioni inpainting e outpainting.

Per quanto riguarda la creazione di immagini da testo, però, Google ritiene che Imagen abbia punteggi migliori dei competitor VQ-GAN, LDM e lo stesso DALL-E 2 in quanto ad allineamento testo-immagine e fedeltà dell’immagine alla descrizione testuale.

Google Imagen generatore ai statistiche

Le statistiche di Google Imagen a confronto con VQ-GAN, LDM e DALL-E 2. Fonte: Google.

 

L’alternativa user-friendly: Midjourney

Due mesi dopo, Midjourney pubblica l’omonima applicazione, disponibile come Web App oppure all’interno del server Discord.

Utilizzare il server è facilissimo: basta digitare il comando /imagine, descrivere l’immagine che si vuole generare, e aspettare che il Bot restituisca 4 proposte, generate in meno di 15 secondi.

midjourney generatore ai

Il generatore AI Midjourney, all’interno dell’omonimo canale Discord. Fonte: Midjourney.

 

Il nostro preferito?

In questi mesi abbiamo provato DALL-E 2 e Midjourney, passando ore e ore a mettere alla prova questi software e restando, ogni volta, a bocca aperta.

 

Provandoli entrambi, abbiamo notato come le interpretazioni ai vari prompts (le indicazioni scritte) siano differenti da software a software.

Proprio come ognuno di noi ragiona in modo differente, anche i “cervelli” delle IA sono tutti diversi tra loro.

Questo rende difficile dire quale sia il “migliore”, sono entrambi ugualmente validi. Piuttosto, a seconda dei casi, uno può adattarsi meglio dell’altro ad uno specifico compito. Dipende da ciò che ci interessa: per una resa maggiore a livello di dettagli, consigliamo Midjourney. Per interpretazioni più originali e con più profondità spaziale, meglio DALL-E 2.

In ogni caso, abbiamo indagato come i due software rispondono diversamente facendo un test. Abbiamo usato due prompts identici, il primo composto da una sola parola (metaverse) il secondo con una descrizione molto più specifica, chiedendo ad entrambe le IA di creare un’immagine.

Qui sotto le interpretazioni, prima di DALL-E 2 e poi di Midjourney.

 

 

Le immagini diventano video

E se queste immagini generate dall’IA fossero in movimento?

Ormai stiamo imparando… con l’IA, sembra che tutto sia possibile.

Parlando di video AI-generated, ai soliti sospetti OpenAI e Google si aggiunge anche un’azienda che nell’intelligenza artificiale ci crede parecchio: Meta.

 

Make-A-Video (Meta)

Alla fine di settembre, Meta presenta Make-A-Video, un sistema IA che “eredita l’ampiezza degli odierni modelli di generatori di immagine” (Meta, 2022), ma riesce a tradurre le indicazioni testuali in immagini in movimento.

Make-A-Video, oltre a generare video a partire da testi, permette di animare un’immagine singola o una coppia di immagini (con la funzione “from static to magic”), oppure aggiungere variazioni ad un elemento originale già in formato video.

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La funzione “From static to magic” di Make-A-Video. Fonte: Meta.

Allo stato attuale, sul sito di Make-A-Video si possono esplorare diversi esempi, che per ora assomigliano più a gif animate che a vere e proprie sequenze (la durata massima è 5 secondi). Ma siamo sicuri che nei prossimi mesi ci saranno numerosi passi in avanti.

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Imagen Video e Phenaki (Google)

Pochi giorni dopo l’annuncio di Meta, Google risponde con Imagen Video, l’evoluzione della text-to-image più potente al momento: Google Imagen.

Al momento, Imagen Video è ancora in fase di sviluppo e riservato esclusivamente ad un uso interno di Google.

Ma dal gigante di Mountain View, non è tutto.

Phenaki è un’applicazione che sfrutta l’AI combinando diversi input testuali tra loro per dare vita a video lunghi fino a 120 secondi. Anch’esso in fase di testing, ha già reso disponibili sul sito molte brevi sequenze animate dalla durata di qualche secondo, simili a quelle realizzate con Make-A-Video.

Ma alla fine della pagina, è anche presente il video promesso: una sequenza di due minuti, realizzata grazie ad una sequenza di più di 30 prompts.

Le reti neurali di CLIP (OpenAI)

E se il futuro del filmmaking fosse AI-generated?

A sorpresa, uno dei vincitori del Premio della Giuria al Cannes Short Film Festival 2022  è un cortometraggio generato utilizzando l’IA.

The Crow (Glenn Marshall, 2022) è realizzato a partire da un corto già esistente (PAINTED, 2012), che riprende una ballerina che danza all’interno di una fabbrica abbandonata. L’artista “neuraleGlenn Marshall ha usato CLIP di OpenAI per reinterpretare ogni singolo frame attraverso il prompt “un dipinto di un corvo in un paesaggio desolato”, montando poi la sequenza di immagini per ottenere un risultato straordinario.

Ma il potenziale di CLIP di generare opere d’arte multimediali non finisce qui. La possibilità di creare narrazioni visive a partire da un testo scritto è un’opportunità enorme per tutti quei casi in cui la parola ha un forte potenziale narrativo, come nei racconti, nei libri o nelle canzoni.

Proprio i brani musicali sembrano essere la via più esplorata dagli artisti per creare video AI-generated a partire dai testi dei loro brani.

È il caso, tra gli altri, di Mistaman, il rapper di Treviso che da sempre indaga i rapporti tra umani e tecnologia, come testimonia il titolo del suo ultimo album, Realtà Aumentata (2016).

In occasione del singolo Luce Nell’Ombra, pubblicato il 23 settembre, Mistaman ha deciso di creare ad hoc un video generato dall’intelligenza artificiale, utilizzando l’intero testo della canzone per creare un mondo gotico e oscuro in cui però, alla fine, emerge sempre la luce.

Il risultato è un’opera d’arte in cui testo e immagini accompagnano la mente in un luogo misterioso, sospeso tra il sogno e l’allucinazione.

 

La produzione di testi: OpenAI GPT-3

Comunque, la creazione di immagini e video non è l’unica possibilità offerta dall’IA.

Nel giugno del 2020, la pionieristica OpenAI presenta il sistema GPT-3, un nuovo “strumento intelligente” per la produzione di testi. Definito un “generatore di linguaggio”, GPT-3 sfrutta il deep learning per scrivere articoli e saggi in totale autonomia, esprimendosi in modo umano e naturale.

openai gpt-3 linguaggio intelligenza artificiale

Il generatore di linguaggio GPT-3, sviluppato da OpenAI. Fonte: Medium.com.

Ora aggiornato alla versione GPT-4, il generatore di linguaggio di OpenAI può essere utilizzato in molte aree di applicazione diverse, tra cui:
La traduzione di testi: GPT va oltre la “semplice” traduzione semantica, consentendo di correggere la grammatica, creare testi con stili diversi e per finalità diverse, riassumere testi lunghi e complessi rendendoli più corti e comprensibili.
Il coding: grazie al modello Codex, può sviluppare tool di auto-compilazione in grado di tradurre il linguaggio naturale in codice di programmazione.
La creazione di testi originali: se gestito coi giusti prompts GPT può essere un ottimo assistente alla scrittura creativa, al blog posting e alle attività di SEO.

Il tool può essere usato anche per attività curiose e divertenti, come conversare con un personaggio storico (simulato da un bot), oppure inventare storie o trame di film o romanzi, sia da zero che partendo da libri e pellicole già esistenti.

 

Siamo tutti i nuovi Tchaikovsky?

Chiudiamo la nostra carrellata con un’ultima possibilità di applicazione dell’IA.

Finora, abbiamo coinvolto soprattutto il senso della vista: immagini, video, testo scritto… tutti stimoli visivi.

Non dimentichiamoci, però, che i sensi sono 5, e che l’udito è importante almeno tanto quanto la vista.

Durante le ore in cui, tutti insieme, eravamo raggruppati dietro ad un monitor ad assistere stupefatti alle creazioni di Midjourney e DALL-E 2, ci siamo accorti che mancava qualcosa. L’atmosfera era elettrica, ma gli unici suoni che si sentivano nel nostro open space erano i nostri commenti impazzanti. In effetti, sarebbe stato meglio un po’ di sottofondo musicale.

E che problema c’è? Ci pensa l’AI!

AIVA è un software che permette di creare qualsiasi brano musicale, sottofondo o colonna sonora in meno 30 secondi.

aiva generatore musica intelligenza artificiale

Abbiamo provato di tutto: dalla musica classica all’ambient, dal jazz al tango.

Ma a noi piace molto lavorare sopra al lo-fi.

E questa è la traccia, creata da noi con AIVA, che è immediatamente entrata nella nostra playlist.

 

Lavori creativi e intelligenza artificiale

Quale sarà, quindi, il futuro dei lavori creativi? Dove finiranno le agenzie di comunicazione, gli artisti, i lavoratori dello spettacolo?

A nostra difesa, dobbiamo sottolineare nella maggior parte dei casi che abbiamo analizzato insieme, l’intervento umano c’è stato, e anche in modo significativo. Ad esempio, per realizzare un video con un generatore IA, è ancora necessario specificare al software i punti di ripresa, sincronizzare manualmente immagini e suono, indicare lo stile di resa dell’immagine che si vuole ottenere, aggiungere dettagli al testo per renderlo più chiaro e “digeribile”.

Anche nel caso di un articolo generato dall’IA per la pubblicazione su un blog, per ottenere un risultato abbastanza complesso da essere considerato umano, è ancora richiesta una certa dose di editing manuale.

Rispondere ora alla domanda sarebbe quindi molto ambizioso. Ma guardando ai ritmi con cui procede l’evoluzione tecnologica, non possiamo escludere nulla.

Tra qualche decennio, può darsi che il prossimo Salvador Dalì, la nuova Mary Shelley o l’erede di Steven Spielberg siano delle macchine, dotate della stessa creatività e sensibilità dei grandi artisti.

Ma noi, per ora, siamo ancora qui.
E speriamo di restarci il più a lungo possibile.

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