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ChatGPT è utilissimo. Ma il nostro cervello di più.

Quando un computer degli anni ’70 batte ChatGPT in una partita di scacchi, forse è il momento di riflettere sui nostri superpoteri biologici.

 

Il colpo di scena che nessuno si aspettava (ma che dovevamo aspettarci)

Immaginate la scena: ChatGPT, l’intelligenza artificiale che ha fatto tremare le fondamenta del mondo tech, si siede virtualmente davanti a una scacchiera per affrontare… un computer Atari del 1977. Sì, avete letto bene: una macchina nata negli anni ‘70, un tempo in cui gli smartphone erano fantascienza e internet si chiamava ancora ARPANET.

atari 2600 plays chess with chatgpt

Il risultato? L’Atari 2600 ha fatto scacco matto a ChatGPT come se fosse un principiante al primo torneo del circolo del quartiere. Ma mentre i titoloni gridano subito “L’AI È FINITA!” con la sottile eleganza di un martello pneumatico, noi preferiamo fare quello che facciamo meglio: scavare sotto la superficie e capire i reali significati che stanno dietro alla questione.

Questa “sconfitta” è tutt’altro che una prova che l’AI sia inutile, al contrario di quanto si stia dicendo ultimamente. Ma ci dà lo stimolo giusto per innescare una riflessione: e se la più versatile macchina al mondo, in questo momento, fosse ancora il nostro cervello?

 

 

L’AI e il cervello: una (complicata) storia d’amore lunga 150 anni

Prima di gridare al fallimento dell’intelligenza artificiale, facciamo un passo indietro. La relazione tra mente umana e macchine non è iniziata con ChatGPT, né con i computer. Tutto cominciò nel 1847, quando un certo George Boole ebbe la brillante intuizione che i pensieri umani potessero essere tradotti in matematica: vero/falso, 1/0, acceso/spento.

Da lì, il percorso è stato una lunga danza di ispirazione reciproca. Nel 1943, McCulloch e Pitts guardarono i neuroni del nostro cervello e pensarono: “Ehi, cosa succederebbe se costruissimo reti artificiali che funzionano così?” E così nacquero le reti neurali, le stesse che oggi alimentano ChatGPT e che ci permettono di chiedere all’AI di scrivere poesie sui nostri gatti (questa sì che è innovazione!)

Ma ecco il primo plot twist: nonostante tutta questa ispirazione biologica, il cervello umano e l’AI moderna funzionano in modo completamente diverso. Il nostro cervello consuma circa 20 watt – meno di una lampadina LED – eppure riesce a riconoscere volti, guidare auto, giocare a Go e nel frattempo pensare a cosa cucinare per cena. Un sistema AI che vuole battere un maestro di Go, un gioco vecchio 2500 anni? Ha bisogno di decine di migliaia di watt. È come confrontare una bicicletta elettrica con un monster truck: entrambi ti portano da A a B, ma con consumi leggermente diversi.

 

Usare ChatGPT impigrisce il cervello? L’MIT dice di sì

È una domanda scomoda, ma legittima. E la risposta – almeno secondo l’MIT – è: un po’ sì.

Uno studio recente, dal titolo che suona come un monito piuttosto serio (“Your Brain on ChatGPT: Accumulation of Cognitive Debt when Using an AI Assistant for Essay Writing Task”), ha provato a capire che cosa accade alla nostra mente quando lasciamo che sia l’AI a fare il lavoro pesante. Spoiler: il cervello si rilassa, forse troppo.

I ricercatori hanno misurato l’attività cerebrale di 54 studenti durante la scrittura di saggi, con e senza AI. Risultato? ChatGPT ha reso tutto più facile, sì, ma ha anche “spento” alcune aree del cervello legate alla memoria, alla pianificazione e al pensiero critico. In pratica, meno sforzo = meno attivazione = meno coinvolgimento. E non è tutto: chi aveva scritto con l’AI ricordava meno i propri testi e faticava di più quando doveva tornare a scrivere senza assistenza.

Questo fenomeno è stato battezzato “debito cognitivo”: più deleghi, meno ti alleni a pensare da solo/a. Un concetto che ha fatto discutere – responsabilità anche dei titoli sensazionalistici tipo (“ChatGPT ci rende più stupidi!”). In realtà, come spiega bene anche la pagina di informazione DataPizza, lo studio non demonizza l’AI, ma ci invita a usarla con consapevolezza. Perché il rischio non è l’uso dell’AI in sé, ma l’uso passivo e inconsapevole, che alla lunga può minare la nostra capacità di pensare in autonomia.

MIT research on brain and chatGPT

 

Quando l’AI sbaglia come noi (ma non è detto che sia un male)

Qui la storia si fa interessante. Recenti studi hanno scoperto che i modelli linguistici più grandi commettono errori di ragionamento sorprendentemente simili ai nostri bias cognitivi umani. L’AI cade negli stessi tranelli logici, usa le stesse scorciatoie mentali, fa gli stessi errori statistici che facciamo noi quando dobbiamo decidere rapidamente.

Ma – e questo è un “ma” grande come un data center di Google, che peraltro consuma un botto (se vuoi approfondire…) – il modo in cui arriva a quegli errori è completamente diverso dal nostro.

L’AI ragiona su basi logico-matematiche pure, senza emozioni, distrazioni o quella vocina interiore che ci dice “forse dovrei controllare che la mia lavatrice a casa abbia finito invece di finire di scrivere questo articolo”. Questo la rende incredibilmente efficace per elaborare montagne di dati senza stancarsi mai. Ma la priva anche di quella comprensione “tacita” del mondo che noi acquisiamo semplicemente vivendo, respirando, sbattendo la testa contro i problemi quotidiani.

 

Il fattore umano: creatività, intuizione e quella cosa chiamata “buonsenso”

Eccoci al cuore della questione. Un essere umano può commettere errori per distrazione (maledette notifiche…), ma possiede qualcosa che nessuna AI ha ancora replicato: la capacità di avere intuizioni che nascono apparentemente dal nulla, di pensare fuori dagli schemi, di dire “aspetta, qui c’è qualcosa che non quadra” anche quando tutti i dati dicono il contrario.

L’intuizione emotiva gioca un ruolo cruciale nelle nostre decisioni. Come esseri umani, comprendiamo istintivamente quando una situazione richiede empatia, quando i valori morali dovrebbero prevalere sui numeri, quando le conseguenze sociali di una decisione sono più importanti dell’efficienza algoritmica.

Le AI attuali possono riconoscere il tono emotivo di un testo e simulare una risposta empatica, ma è come guardare un attore-robot che in un film recita la parte dell’innamorato: tecnicamente perfetto, emotivamente vuoto. Non provano davvero emozioni, non hanno coscienza, non sanno cosa significhi svegliarsi alle 3 di notte preoccupati per il futuro del pianeta. E forse è meglio così.

 

L’uso intelligente di ChatGPT: quando delegare e quando tenere acceso il cervello

Quindi, quando ha senso usare ChatGPT e quando invece è meglio fare affidamento sul nostro cervello analogico da 20 watt? La risposta non è “sempre” o “mai”, ma “dipende da cosa stai facendo e cosa vuoi ottenere, e anche da quanto ti importa del pianeta”.

Puoi delegare a ChatGPT quando:

  • Devi analizzare dataset enormi che farebbero impazzire qualsiasi umano
  • Hai bisogno di traduzioni veloci (anche se imperfette)
  • Vuoi automatizzare calcoli complessi o attività ripetitive
  • Cerchi un brainstorming per espandere una tua idea

Tieni acceso il cervello quando:

  • Devi prendere decisioni che coinvolgono valori o aspetti etici
  • Devi creare qualcosa che è veramente originale, non solo un remix di idee esistenti
  • Serve una buona comprensione del contesto umano, sociale ed emotivo
  • Stai compiendo un task che potresti facilmente fare da solo/a (e perché sprecare energia?)

 

L’età dell’oro (a tempo limitato) dell’AI gratuita

Godiamocela, questa fase in cui ChatGPT è gratuito e Google ci permette di usare Gemini liberamente. Perché probabilmente non durerà a lungo.

Gli esperti concordano: l’attuale struttura di prezzi dell’AI non è sostenibile. Una volta terminata la “corsa all’oro” e consolidato il mercato, è inevitabile un rialzo dei costi. Tra regolamentazioni più severe (l’AI Act europeo è in costante aggiornamento), costi energetici crescenti e la necessità di generare profitti reali, prepariamoci a pagare di più per i nostri assistenti-quasi-tuttofare digitali.

Qui un interessante approfondimento su questo tema, che parte dalla domanda “e se l’AI fosse solo un’altra bolla economica pronta a scoppiare?”. Link all’articolo.

 

Le regole d’oro per un rapporto sano con ChatGPT

1. Informati e sperimenta: non delegare ciecamente. Prova, testa, capisci i limiti. L’AI è potente, non magica.
2. Considera l’impatto ambientale: ogni richiesta complessa costa energia al pianeta. Chiediti sempre: “Questo task vale davvero il suo peso in watt?”
3. Mantieni il controllo umano: in decisioni etiche, creative o che coinvolgono persone reali, l’ultima parola deve sempre essere la tua.
4. Ricorda i tuoi superpoteri: intuizione, creatività genuina, comprensione emotiva, pensiero critico sono skills che sono ancora appannaggio esclusivo del tuo cervello biologico.

 

Il futuro (sostenibile) dell’intelligenza collaborativa

Siamo di fronte a un bivio cruciale. Da una parte, l’AI ci offre capacità computazionali straordinarie. Dall’altra, il nostro cervello conserva un vantaggio evolutivo di giusto un paio di milioni di anni in termini di efficienza energetica, creatività e comprensione del mondo.

La soluzione non è scegliere una squadra, ma orchestrare una collaborazione intelligente. È utilissimo usare l’AI per quello che sa fare meglio: calcoli, analisi, automazione. È opportuno usare il cervello umano per quello che gli riesce naturale: intuizione, etica, creatività autentica, buonsenso.

La sconfitta di ChatGPT contro l’Atari 2600 non è la prova che l’AI sia inutile. È un promemoria che l’intelligenza specializzata (sia umana che artificiale) batte spesso quella generalista, e che forse il nostro cervello da 20 watt ha ancora qualche asso nella manica che vale la pena giocare.

Dopotutto, è stato un cervello umano a inventare sia ChatGPT che l’Atari 2600 del 1977. E per ora, anche questo record resta imbattuto.

 

Fonti utilizzate per scrivere questo articolo

Le informazioni riportate si basano su studi scientifici e analisi di settore aggiornati al 2024 e al 2025, inclusi ricerche pubblicate su Nature, NIST, analisi ambientali dell’AI e documenti normativi dell’UE e USA.

Nataliya Kosmyna et al. (MIT Media Lab), “Your Brain on ChatGPT: Accumulation of Cognitive Debt when Using an AI Assistant for Essay Writing Task”. Link.

Futurism, “ChatGPT “Absolutely Wrecked” at Chess by Atari 2600 Console From 1977″. Link.

 

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