Fin dalla sua fondazione nel 1932, il Festival di Venezia ha sempre unito cinema e glamour: ma quando il momento del red carpet è più atteso dell’assegnazione del Leone d’Oro, le personalità sulla bocca di tutti sono influencer che con il cinema c’entrano poco piuttosto che i protagonisti dei film, e i brand preferiscono pagare milioni di euro per vedere i propri vestiti sulla passerella piuttosto che indossati dagli attori all’interno delle loro pellicole, non si sta forse esagerando?
L’approccio dei media nei confronti del Festival del Cinema di Venezia
Riportiamo la mente alla prima serata del Festival di Venezia 2025. Ricordate il cardigan di Julia Roberts con la faccia di Luca Guadagnino?
Alla sua prima sfilata sul celebre red carpet della Mostra del Cinema di Venezia 2025, Julia Roberts sfoggia un cardigan che secondo i titoli di certi giornali, come dire, leggermente… frettolosi, “è già il capo più iconico di questa Venezia” (non era un po’ presto per dirlo?).
Un cardigan sicuramente originale, questo va detto, e anche “intelligente”: stampate sul maglione ci sono le facce di Luca Guadagnino, regista di After the Hunt, film presentato al Festival di Venezia con protagonista proprio la Roberts.
Cosa ne pensiamo? Senza dubbio, è una bella trovata dell’attrice e della sua stilista, Elizabeth Stewart.
Un bel modo per far parlare del proprio look, accontentando un pubblico che, va detto, sembra quasi più interessato alla moda che ai film in concorso, ma omaggiando comunque il grande regista italiano.
Una Mostra del Cinema, che non mostra solo cinema
Il cardigan di Julia Roberts è l’esempio principe dell’ambiguità che contraddistingue il Festival di Venezia del 2025: un evento che resta sì cinematografico, ma che, con il piacere dei media italiani ed esteri, sa parlare alla perfezione anche il linguaggio della moda, del glamour, dei social media.
Siamo perfettamente consapevoli che la Mostra del Cinema di Venezia, fin dalla sua fondazione, sia stata profondamente intrecciata anche al mondo della moda e dello spettacolo in generale.
E attenzione: si tratta di un pregio, non di un difetto.
Ma provate a digitale su Google una keyword super generica come “Festival di Venezia 2025” o “Mostra del Cinema di Venezia 2025“. Noi ci abbiamo provato, ma i primi risultati non riguardano proprio il cinema: parlano della “Dea Emma Stone”, danno “pagelle ai look del secondo red carpet”, fanno le classifiche dei “migliori look della serata”, scelgono in copertina Amal Clooney e il suo “abito croccante”.
Nessuna menzione dei film in concorso, dei favoriti per la vittoria del Leone d’Oro, del premio alla carriera consegnato (la sera precedente a questo screenshot) da Francis Ford Coppola al regista Werner Herzog… Ma non era un Festival di Cinema?
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A questo punto, abbiamo spostato le nostre ricerche su un’altra piattaforma: TikTok. Il risultato? Cliccate “play” al video per scoprirlo.
La domanda sorge spontanea: quando il red carpet attira più attenzione del Leone d’Oro, stiamo ancora parlando di cinema?
La risposta richiede un salto indietro nel tempo, fino al momento preciso in cui il Festival di Venezia ha scelto di trasformarsi da rassegna di puri cinefili a palcoscenico globale del lusso.
La svolta degli anni ’80: Carlo Lizzani e la rivoluzione “Mezzogiorno-Mezzanotte”
Il momento storico della trasformazione ha un nome e cognome: Carlo Lizzani. È il 1979 quando il regista romano prende la direzione della Mostra, e nelle sue mani il festival compie una metamorfosi che cambierà per sempre il DNA dell’evento veneziano. Lizzani, insieme al suo braccio destro Enzo Ungari, inventa la sezione “Mezzogiorno-Mezzanotte“: a mezzogiorno documentari curiosi, a mezzanotte le grandi anteprime americane. È qui che tutto cambia.
I Predatori dell’Arca Perduta (1981), E.T. (1982), L’Impero colpisce ancora (1980), I Cancelli del Cielo (1982), Poltergeist (1982) – non più solo film d’autore, ma blockbuster pensati per il grande pubblico. Alberto Barbera, che all’epoca era un giovane critico, ricorda ancora “l’arrembaggio degli spettatori che, appena hanno aperto le porte, si sono fiondati alla conquista di un posto” per I Predatori dell’Arca Perduta.
Ma Lizzani fa qualcosa di più rivoluzionario: convoca “quanti più attori di prestigio poté per farli discutere sul tema ‘Gli anni Ottanta del cinema’”, dando così il via al dibattito su cinema e nuove tecnologie. È il primo direttore a capire che le star non servono solo per i film, ma come fenomeno culturale a sé stante. La formula Lizzani-Ungari “si imporrà a lungo come modello di festival nel mondo”.
Gli anni ’90: Pontecorvo porta Hollywood al Festival del Cinema
Se Lizzani ha piantato il seme, è Gillo Pontecorvo (1992-1996) a far fiorire definitivamente la combo cinema-glamour. Le sue tre parole d’ordine sono chiare: fare di Venezia “la capitale degli autori cinematografici”, riportare “fisicamente” al Lido i grandi registi e divi del cinema, rivitalizzare con la presenza dei giovani la zona del Palazzo del Cinema.
È sotto la sua direzione che sbarcano al Lido i divi americani come Jack Nicholson, Harrison Ford, Bruce Willis, Kevin Costner, Mel Gibson, Nicole Kidman, Tom Hanks, Denzel Washington. Ma attenzione: arrivano per eventi strutturati, non solo per i film.
Con le anteprime spettacolari della sezione “Notte” e iniziative come i concerti rock organizzati nel piazzale antistante il Casinò, Pontecorvo rende il Lido un parco giochi per adulti dove cinema e spettacolo si fondono indissolubilmente.
La seconda rivoluzione: l’era dei social media
Se gli anni ’80 e ’90 hanno portato le star, è l’era digitale a trasformare definitivamente il festival in evento quasi-prevalentemente fashion. Dal 2010 in poi, ogni brand della moda capisce che Venezia rappresenta l’ultimo grande evento pre-Fashion Week, un’occasione unica per lanciare i look autunnali.
Il meccanismo è semplice quanto efficace: le influencer non vengono invitate perché legate ai film, ma come “ospiti” dei brand che partecipano come sponsor. Una raffinata operazione di marketing: ogni marchio invita le sue testimonial, le clienti e le ambassador che lo rappresentano sfruttando la visibilità della kermesse.
E fino a qui non c’è niente di male: d’altronde business is business, giusto?
Ma il punto di non ritorno arriva nel 2022, quando il DJ Alessandro Basciano chiede in ginocchio alla modella Sophie Codegoni (entrambi nel cast del Grande Fratello 2022) di sposarlo durante la première di The Son con Hugh Jackman, rubando completamente la scena. Un episodio che più di ogni altro simbolizza la “desacralizzazione” del red carpet, considerando poi che l’evoluzione della coppia nel corso del tempo non è stata proprio… felicissima (per i più curiosi, basta fare una piccola ricerca online).
Venezia vs Cannes vs Berlino: tre festival a confronto
Ma come si posiziona Venezia nel panorama dei grandi festival europei? Cannes e Venezia sono “entrambi i carpet di una sfilata che fa sognare ad occhi aperti anche i meno fashion-conscious” con Valentino, Versace, Prada, Gucci, Chanel, Dior, ma con approcci diversi.
Cannes resta più rigidamente legato al business cinematografico – la Croisette è prima di tutto un mercato dove si comprano e vendono film. Berlino mantiene un’aura più intellettuale e politicamente impegnata. Venezia, invece, ha trovato la sua specificità proprio in questa commistione: è l’unico festival dove puoi arrivare in vaporetto indossando abiti di alta moda per vedere un film di Yorgos Lanthimos.
La differenza è anche geografica: Venezia “si è evoluta anche sul fronte moda, diventando una sorta di “pre-fashion week”, che il caso-non-molto-casuale vuole inizino proprio nelle settimane successive prima a Milano e poi a Parigi”. Un tempismo strategico che la rende il ponte perfetto tra cinema e moda.
Il formato che alimenta il fenomeno
La durata di 11 giorni del Festival crea naturalmente spazio per contenuti non cinematografici. Con i premi assegnati solo domani sera, 6 settembre, c’è una settimana intera in cui i media devono riempire pagine e spazi televisivi. Il red carpet diventa così il contenuto principale, amplificato dal fatto che i riconoscimenti vengono assegnati alla fine, creando un crescendo di attesa che viene colmato dalle cronache fashion.
Ma c’è una contraddizione interessante: nel 2024 ben 50 giornalisti di tutto il mondo hanno sottoscritto una lettera di protesta, denunciando che “il festival porta nomi per ottenere prestigio ed esposizione mediatica, ma poi sembra dimenticarlo quando si trova di fronte giornalisti veri e propri” (fonte: AGI).
Quando la moda ha davvero senso
Non tutto il glamour è vacuo, però. L’esempio del cardigan di Julia Roberts lo dimostra: quando la moda serve a omaggiare il cinema, quando diventa parte della narrazione del film, allora la contaminazione funziona perfettamente.
Il problema nasce quando l’equilibrio si sposta troppo verso il puro spettacolo. L’importante è che se ne parli, bene o male.
La trasformazione del Festival di Venezia non è un’involuzione e questo articolo non vuole esserne una critica. Anche perché a conti fatti, il Festival è sopravvissuto all’era più trasformativa di sempre, quella del digitale, rimanendo sempre rilevante e anzi, per quanto possibile, più rilevante di prima.
Quindi, in ultima battuta, non si tratta di scegliere tra cinema e moda, ma di cercare il giusto equilibrio. E in fondo, questa contaminazione è proprio ciò che rende Venezia unica.
Che poi sia ancora un festival del cinema o una sfilata di moda con contorno di pellicole, lo scopriremo domani sera. Ma una cosa è certa: il cinema continua a essere il cuore pulsante di tutto. E noi aspettiamo con ansia di poter vedere al cinema i film e gli attori vincitori di questa edizione. E non solo quelli vincitori: il cinema è vita e, festival o non festival, noi i film li guarderemo comunque. Ma ringraziamo la Mostra del cinema per il duro lavoro e la competenza che viene da quasi 100 anni di storia, sospesa su questo filo invisibile che unisce e intreccia, da sempre, cinema e moda.